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Cassonetti della raccolta differenziata senza pedale di apertura: quando le azioni sostenibili per l’ambiente non hanno la minima sostenibilità per chi non può farne uso

Siamo a Roma, capitale d’Italia, questa volta la nostra attenzione è richiamata dai nuovi cassonetti per la raccolta differenziata che iniziano a vedersi nei vari quartieri cittadini. Dopo le piattaforme esterne di bar e ristoranti (dehors) senza i requisiti di accessibilità, ora i cassonetti dell’immondizia non a misura della fragilità e degli anziani.
Abbiamo già evidenziato come il Comune di Roma con Deliberazione di Assemblea Capitolina n. 81 del 6 luglio 2020, tra le misure di contrasto della pandemia, ha autorizzato il posizionamento gratuito, su suolo pubblico, di migliaia di piattaforme esterne a ristoranti e bar in tutta la città, piattaforme pensate senza un necessario scivolo d’accesso e quindi non sempre fruibili alle persone su sedia a ruote.

Un classico esempio di come, purtroppo, le scelte di una Amministrazione, a volte, seguano la “logica puramente economica ma allo stesso tempo incentivino la politica dello scarto” , emarginando sempre più chi è già ai margini, in un continuo ed apparentemente inarrestabile processo d’aumento delle diseguaglianze. Se non bastassero barriere e discriminazioni, in una Capitale europea non a misura di persone disabili, dove spesso ci si riempie la bocca di “città dei diritti e dell’inclusione”, dove, tra l’altro, è stato scelto di inserire nello Statuto di Roma Capitale i principi fondamentali della Convenzione Onu in favore delle persone disabili, ecco ora il piano dell’Ama (agenzia Municipalizzata Ambiente) per la sostituzione e rinnovamento del parco cassonetti stradali con il posizionamento, entro il 2023, di 41mila cassonetti “inaccessibili” sulle strade di Roma.

“Moderni” cassonetti, fiammanti, ma drammaticamente inutili per un esercito di cittadini disabili o con fragilità legata all’età o a particolari condizioni di salute, oltre che privi dei requisiti minimi di igiene per tutti i fruitori, costretti a toccare con le mani quella maniglia di apertura. I nuovi cassonetti hanno infatti un grosso difetto: non hanno il pedale-leva, ovvero la sbarra di acciaio in basso che tutti usano per buttare i rifiuti senza toccare il cassonetto, adesso per poterlo fare occorre aprire il cassonetto dall’ alto, toccando la maniglia e sollevando il coperchio con un solo braccio.

Ciò, oltre ad avere delle ovvie controindicazioni per l’igiene pubblica, rende impossibile l’operazione a quelle persone anziane e disabili che non hanno la forza per compiere questa operazione di sollevamento con un solo braccio mentre l’altro è impegnato dal sacchetto dell’immondizia. Il risultato è che molte persone disabili o anziane fragili, se non hanno qualcuno pronto ad aiutarli anche in questo, sono costrette a buttare i sacchetti per terra, anche se il cassonetto è vuoto o parzialmente tale e non lo fanno per loro deliberata volontà ma per impossibilità ad usare la maniglia.

Precisiamo che la scelta scellerata di eliminare la leva del pedale dal cassonetto non
è un giustificabile espediente o un deterrente per combattere il rovistaggio nei cassonetti. coloro che rovistavano nei cassonetti, continuano a farlo senza problemi.

In quante città italiane non servite dalla raccolta porta a porta, si sta verificando la stessa situazione? Come Rete SupeRare teniamo a ribadire che qualunque progettazione o scelta fatta da una amministrazione pubblica deve essere sulla base della dignità intrinseca di ogni essere umano. Quando, come in questi casi, le scelte operano nelle logiche di scarto, è sempre più difficile cogliere il valore umano, la dignità personale di chi appare “limitato”, ingombrante, pesante, motivo per cui sempre più persone vulnerabili sono escluse dalla società, in un progressivo ed umiliante processo di ghettizzazione di quell’universo della diversità fragile, processo coperto dal silenzio e dall’indifferenza di tanti, a partire dalle organizzazioni che hanno il compito istituzionale di rappresentare e tutelare questo mondo.

Non consentire ad ognuno di gettare autonomamente i propri rifiuti, oltre a sottrarre un diritto soggettivo primario agli aventi diritto, ci porta a veder aumentare la necessità di chiedere aiuto per l’espletamento delle azioni primarie della vita quotidiana, quale può essere appunto il conferire negli appositi secchioni i propri rifiuti. I fragili pagano, come tutti, il servizio di raccolta ma non ne possono ufruire, a questo punto, in tono provocatorio, ci chiediamo: si stanno autorizzando le persone impossibilitate a fruire del servizio a gettare i loro rifiuti in strada, sono state previste misure specifiche di supporto o parliamo di persone esentate dal pagamento del servizio?

Il Direttivo di Rete SupeRare

Fonte: Rete SupeRare 29 ottobre 2022

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